La direttiva sulla sostenibilità CSRD: nuovi obblighi per le imprese.

Angela Moliterni – ESG manager, CPA – BLCI Milan

La Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) comporta l’obbligo per migliaia di aziende di rendicontare la propria sostenibilità; con notevoli ricadute sulle aziende sia per quelle obbligate, sia per quelle non obbligate alla rendicontazione.

L’EFRAG (European Financial Reporting Advisory Group) – ente tecnico che si occupa dei principi contabili a livello internazionale ha condiviso in questi giorni con la Commissione Europea la prima serie di principi ESRS indipendenti e generali. Mentre a primavera è attesa la pubblicazione della seconda serie di norme ESRS, quelle settoriali. 

Il reporting sulla sostenibilità DIVENTA parte integrante del bilancio annuale dell’impresa.

La direttiva sulla sostenibilità CSRD prevede l’obbligo di redigere una rendicontazione di sostenibilità che:

  • contribuisca alla comprensione di quanto l’impresa sia sostenibile
  • fornisca la base per il dialogo con i diversi stakeholder

Il principio della “doppia materialità” RAPPRESENTA il punto di partenza 

per la rendicontazione sulla sostenibilità. 

Con il reporting di sostenibilità, l’impresa fornisce:

  • tutte le informazioni sul modo in cui gli sviluppi nel campo della sostenibilità influenzano ed hanno effetto sull’impresa; un esempio sono gli effetti del cambiamento climatico sul modello di business. Si parla in questo caso anche di materialità finanziaria;
  • tutte le informazioni sugli effetti che l’impresa stessa ha sull’ambiente (sistema, condizioni) circostante; ad esempio l’effetto delle emissioni dei processi produttivi sulla qualità dell’aria dei residenti locali. Si parla in questo caso di materialità d’impatto.

In gergo, si parla di “doppia materialità” quando si intende riferirsi a queste due prospettive, in maniera unitaria: l’impatto sull’impresa e l’impatto dell’impresa.

Il bilancio di sostenibilità dovrebbe contenere tutte le informazioni materiali (ossia rilevanti). Le informazioni sono da ritenersi materiali/rilevanti quando la loro omissione o la loro rappresentazione errata influenzano la valutazione e il giudizio dell’utente.

Per cui un argomento che è materiale:

  • soltanto dal punto di vista finanziario, oppure
  • soltanto dal punto di vista di impatto, oppure
  • da entrambe le prospettive (sull’impresa e dell’impresa)

entra senz’altro a far parte del bilancio di sostenibilità.

A chi è rivolta la rendicontazione di sostenibilità?

Le informazioni contenute nella rendicontazione sulla sostenibilità sono destinate agli stakeholder finanziari (ossia gli azionisti, le banche, i creditori/fornitori e gli altri finanziatori dell’impresa). Le informazioni contenute nel bilancio di sostenibilità contribuiscono alla comprensione dei rischi e delle opportunità – per l’azienda – derivanti dalla sostenibilità.

Inoltre, c’è anche un ampio gruppo di stakeholder che si concentrano sull’impatto che l’impresa ha sull’ambiente circostante. Esempi di questi stakeholder sono i dipendenti, i clienti, i residenti locali ed i gruppi di interesse che si concentrano sull’ambiente e sui diritti umani.

Direttiva CSRD: qual è l’ambito di applicazione e a chi si applica?

Il CSRD si applica a:

  • grandi imprese (S.p.A., S.r.l.) e enti di interesse pubblico;
  • piccole e medie imprese quotate;
  • alcune società di Paesi Terzi.

Le imprese che non rientrano nell’ambito di applicazione del CSRD (ad esempio le micro imprese anche se quotate) possono comunque risentire degli effetti della CSRD se fanno parte della catena di fornitura e/o catena del valore di un’impresa obbligata alla rendicontazione sulla sostenibilità anche se con diversi limiti.

Quali sono le conseguenze dell’obbligo di rendicontazione ai sensi della CSRD per le imprese che fanno parte della catena di valore dell’impresa, come nel caso di fornitori o acquirenti/clienti?

Anche le imprese che non sono obbligate alla rendicontazione di sostenibilità CSRD potrebbero subire alcune conseguenze della direttiva CSRD. Infatti, le imprese obbligate al bilancio di sostenibilità ai sensi della CSRD devono fornire anche diversi indicatori di sostenibilità relativi alla loro catena del valore (value chain). Pertanto, alle imprese che operano come fornitori/produttori per un’impresa obbligata, può essere richiesto – da parte dell’impresa obbligata – di fornire e condividere con le stesse informazioni relative ad alcuni e specifici indicatori di sostenibilità.

Da quando sarà obbligatorio redigere il bilancio di sostenibilità?

L’obbligo di redigere e rendere pubblico il bilancio di sostenibilità entrerà in vigore per fasi successive.

2024

A partire dall’esercizio finanziario, 1° gennaio 2024, obbligo del bilancio di sostenibilità CSRD, per le società che attualmente già redigono una Dichiarazione non finanziaria – contenuta nella relazione sulla gestione allegata al bilancio d’esercizio – ai sensi della Direttiva NFRD.

Si tratta degli Enti di interesse pubblico (EIP, banche, assicurazioni, società quotate) con oltre 500 dipendenti. I primi reporting di sostenibilità CSRD saranno pubblici a partire dall’inizio del 2025.

2025

A partire dall’esercizio finanziario, 1° gennaio 2025, obbligo del bilancio di sostenibilità CSRD, per le grandi imprese con forma giuridica Europea. Le società che fanno parte di un gruppo possono, beneficiare di un’esenzione.

2026

A partire dall’esercizio finanziario, 1° gennaio 2026, obbligo del bilancio di sostenibilità CSRD, per le PMI quotate.

2028

A partire dall’esercizio finanziario, 1° gennaio 2028, obbligo del bilancio di sostenibilità CSRD, per le imprese extra-UE (senza forma giuridica dell’UE, ad esempio costituite in America o in Giappone). Le imprese extra-UE sono obbligate a redigere il reporting di sostenibilità soltanto se sono soddisfatte le seguenti condizioni: 

  • un fatturato netto di più di euro 150 milioni all’interno dell’UE, per due esercizi consecutivi;
  • l’impresa extra-UE ha una società controllata che si qualifica come grande impresa o PMI quotata e/o ha una succursale con un fatturato netto superiore a 40 milioni di euro nell’esercizio precedente.
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